Incident Response Plan: gli errori più comuni da evitare
scritto da Matteo Cecchini

Incident Response Plan: gli errori più comuni da evitare

Chi si occupa di sicurezza informatica sa bene quanto sia fondamentale avere un Incident Response Plan (IRP) solido. Ma tra il dire e il fare — spesso — ci sono scelte sbagliate, superficialità o semplicemente sottovalutazioni che trasformano un incidente in una crisi aziendale.

Anche le organizzazioni più mature possono cadere in errori ricorrenti. Ecco quelli che, secondo la nostra esperienza sul campo, sono i più gravi (e comuni) — con casi reali, conseguenze tangibili e consigli per evitarli.

 

🚨 1. Avere un piano... che nessuno conosce

Errore: il piano esiste ma è parcheggiato in una cartella o nel cloud, mai testato né condiviso.

Conseguenza: durante l’incidente, il team è disorientato, non sa a chi rispondere o cosa fare. Si perde tempo prezioso.

Esempio reale: un’azienda del settore manifatturiero ha subito un attacco ransomware. Aveva un IRP scritto ma mai testato. Nessuno sapeva come accedere ai contatti di emergenza né chi autorizzava il blocco dei sistemi. Il danno: 4 giorni di fermo e +250k€ di perdita operativa.

Best practice:

  • comunica e distribuisci il piano a tutti i soggetti coinvolti;
  • organizza sessioni di simulazione con cadenza regolare (es. ogni 6 mesi);
  • assicurati che il piano sia accessibile anche offline.

 

📞 2. Non sapere chi deve fare cosa (e quando)

Errore: mancano ruoli e responsabilità chiare. In caso di incidente, il team IT prova a fare tutto da solo, spesso senza supporto o con troppe sovrapposizioni.

Conseguenza: si genera caos decisionale, si ignorano escalation critiche o si fanno mosse azzardate che peggiorano la situazione.

Esempio reale: in un’azienda retail, dopo un furto di credenziali, il reparto IT ha agito autonomamente per “limitare i danni”, ma ha cancellato accidentalmente i log di audit utili per l’investigazione.

Best practice:

  • definisci ruoli precisi per detection, comunicazione, contenimento, escalation e recovery;
  • prevedi una catena di comando snella e testata;
  • coinvolgi legale, PR e direzione fin da subito nel piano.

 

📉 3. Sottovalutare il tempo di reazione

Errore: non avere strumenti che permettano di rilevare e rispondere tempestivamente a un incidente.

Conseguenza: ogni minuto che passa aumenta il rischio di danni reputazionali, perdita di dati e blocchi operativi.

Esempio reale: un’infrastruttura SaaS ha scoperto un accesso non autorizzato solo dopo che il cliente ha segnalato anomalie nei log. L’attaccante era già dentro da 12 giorni.

Best practice:

  • affidati a strumenti con capacità di rilevazione automatica, alerting immediato e azioni di contenimento rapide;
  • definisci metriche chiare come MTTD (Mean Time to Detect) e MTTR (Mean Time to Respond).

 

📣4. Lasciare fuori comunicazione e compliance

Errore: pensare che l’IRP sia solo un documento tecnico.

Conseguenza: si rischia di non notificare correttamente il Data Protection Officer, le autorità competenti (es. Garante Privacy) o i clienti coinvolti.

Esempio reale: un’azienda B2B non ha notificato in tempo una violazione di dati a un partner strategico. Il danno reputazionale è stato maggiore della perdita diretta.

Best practice:

  • integra nell’IRP procedure per comunicazioni interne/esterne;
  • inserisci checklist legali e privacy (es. GDPR, NIS2);
  • tieni aggiornato un pacchetto predefinito di comunicazioni per scenari comuni.

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L’approccio T-Consulting: metodo, strumenti e persone

In T-Consulting, aiutiamo le aziende a costruire piani di risposta agli incidenti solidi, concreti e testabili, attraverso un metodo strutturato in 4 fasi:

  1. Assessment iniziale dell’attuale postura di sicurezza e prontezza IR
  2. Definizione e scrittura del piano, con ruoli, strumenti e scenari
  3. Simulazioni periodiche e workshop per team tecnici e decisionali
  4. Supporto continuativo come MSSP e partner tecnologico

Affianchiamo le nostre competenze a strumenti scelti per efficacia e integrazione, così da garantire alle aziende una vera cyber-resilience, non solo un documento formale.

Conclusione

Per una gestione unificata degli incidenti, integriamo soluzioni come Cynet 360 che offre visibilità completa, rilevamento intelligente e automazione delle azioni di contenimento.
Cynet ci permette di ridurre drasticamente il tempo di risposta e agire su più fronti contemporaneamente — endpoint, rete, utenti — tutto da un’unica piattaforma.


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Matteo Cecchini
Matteo Cecchini
m.cecchini@t-consulting.it

Una passione smisurata per la tecnologia, l’informatica e la cybersecurity coltivata fin da quando ero bambino si è poi trasformata in professione e questa poi in un progetto: T-Consulting. Negli ultimi 12 anni ho avuto il privilegio di guidare, insieme alla mia socia Vera, una squadra composta da fantastiche persone aiutando tante aziende a lavorare meglio, più in sicurezza ed in modo sempre innovativo. Ex sistemista, oggi mi occupo della direzione dell’azienda e del suo sviluppo commerciale.


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