Blog - T-Consulting

Recovery Planning Essentials – Cosa non può mancare nel tuo piano di ripristino

Scritto da Matteo Cecchini | Jun 24, 2025 10:28:50 AM

In un contesto dove anche pochi minuti di downtime possono impattare operatività, reputazione e fatturato, ogni IT Manager sa che non può permettersi di “sperare che non accada nulla”. Il Recovery Plan non è solo un documento tecnico, ma una vera e propria polizza di continuità operativa. E come ogni polizza, funziona solo se è costruita su misura, aggiornata e collaudata.

In questo articolo approfondiamo gli elementi fondamentali che ogni piano di ripristino deve contenere, con uno sguardo concreto a come T-Consulting supporta le aziende attraverso un servizio strutturato di Business Continuity.

  1. Obiettivi di ripristino: RTO e RPO

Il punto di partenza è sempre la definizione di quanto puoi permetterti di perdere – in termini di tempo e di dati:

  • RTO (Recovery Time Objective) indica il tempo massimo tollerabile in cui un sistema può restare inattivo prima di causare un impatto significativo;
  • RPO (Recovery Point Objective) indica invece il massimo intervallo di dati che l’azienda può perdere senza gravi conseguenze.

Queste due metriche guidano ogni scelta successiva: dalla strategia di backup alla selezione degli strumenti, dalla scelta del fornitore al budget.

IMPORTANTE: questi indicati non vanno definiti “di pancia” ma nel modo più analitico possibile ovvero tramite un’attività preliminare di Business Impact Analysis (BIA) che consente di definire in modo ponderato questi valori per ogni area organizzativa dell’organizzazione.

  1. Mappatura dei sistemi critici

Un errore comune nei Recovery Plan è trattare ogni sistema come ugualmente importante. La realtà operativa è ben diversa.
Occorre una mappatura dettagliata degli asset digitali e una classificazione delle priorità, che tenga conto dell’impatto sul business in caso di indisponibilità. Questo include:

  • sistemi core (ERP, CRM, Active Directory, sistemi produttivi);
  • infrastruttura di rete e connettività;
  • applicazioni SaaS o ambienti cloud critici.

👉 T-Consulting supporta le aziende in questa fase attraverso un’analisi tecnica e funzionale, per definire correttamente gli scenari di rischio.

  1. Ruoli e responsabilità

Durante una crisi ogni secondo conta, e le decisioni devono essere immediate. Il piano deve chiarire chi fa cosa, in modo inequivocabile:

  • Chi è responsabile del ripristino dei diversi sistemi?
  • Chi comunica con la direzione, con i clienti o con i fornitori?
  • Quali sono i canali di escalation?

Una catena di comando definita è essenziale per evitare improvvisazioni e rallentamenti.

  1. Procedure operative passo-passo

Un piano teorico serve a poco se non si trasforma in azioni concrete. Servono checklist operative chiare, protocolli validati, e se possibile script automatizzati per le azioni ripetitive.
Questo rende il piano facilmente eseguibile anche da team ridotti o meno esperti.

T-Consulting, grazie alla sua esperienza sul campo, aiuta i clienti a trasformare il piano in workflow pratici e testabili, calibrati su tecnologie, risorse e disponibilità interne.

  1. Backup & test di ripristino

Il vero valore di un backup si misura non nel salvataggio, ma nel ripristino.
Una copia non testata è solo una falsa sicurezza. È fondamentale:

  • testare regolarmente il ripristino (es. ogni trimestre);
  • validare l’integrità dei backup in automatico;
  • diversificare i metodi di backup (dischi, snapshot, cloud, cold storage...).

Il team di T-Consulting affianca le aziende anche nel monitoraggio e testing periodico, definendo procedure di verifica coerenti con le policy aziendali e gli SLA interni.

  1. Documentazione e aggiornamento continuo

Ogni cambiamento (nuove applicazioni, modifiche infrastrutturali, riorganizzazioni interne) può impattare il recovery plan. Per questo, è essenziale:

  • documentare tutto in modo chiaro e accessibile;
  • prevedere una revisione semestrale o annuale del piano;
  • mantenere un archivio versionato e centralizzato.

Un recovery plan obsoleto equivale a non averne uno.

  1. Implementazione della corretta piattaforma di Disaster recovery

Il backup potrebbe non bastare ma non per questo tutti i sistemi devono per forza essere replicati su un sito di Disaster Recovery; è fondamentale però che quelli critici lo siano.

La corretta soluzione di Disaster Recovery è opportuno che disponga di:

  • una infrastruttura solida che consenta, in caso di disastro, di accendere i sistemi replicati senza rischi di overbooking delle risorse computazionali;
  • sistemi di automazione che aiutino nella gestione dei test periodici di Disaster Recovery;
  • le giuste certificazioni in termini di sicurezza e continuità operativa.
  1. Integrazione con l’Incident Response Plan

Infine, è essenziale che il piano di ripristino sia perfettamente allineato con il tuo Incident Response Plan.
Deve esserci continuità tra il contenimento dell’incidente e il ripristino dell’operatività, con ruoli, tempi e strumenti coerenti.

T-Consulting, nella sua offerta di Business Continuity, lavora proprio su questa integrazione: non un piano isolato, ma un framework completo che connette prevenzione, risposta, ripristino e miglioramento continuo.

In sintesi

Un piano di recovery solido è ciò che ti permette di dire: “Nonostante tutto, siamo pronti.”
È ciò che trasforma un attacco in un’occasione di resilienza e un imprevisto in una risposta organizzata.
Con il supporto di un partner come T-Consulting, ogni elemento del tuo Recovery Plan viene costruito su basi reali, tecniche, testate e documentate.

 

🔎 Vuoi passare dalla teoria alla pratica?
Scarica la nostra checklist “Recovery Planning Essentials”: uno strumento operativo pensato per aiutarti a verificare, aggiornare e validare ogni parte del tuo piano di ripristino.
Compila il form qui sotto per riceverla subito. 👇